Università e separazione delle carriere

Ieri una notizia apparsa sui principali quotidiani riportava una lettera di una ricercatrice universitaria precaria che rivolgendosi al Presidente Napolitano gli illustrava l'amarezza e il dolore di una persona che ha dedicato la propria vita alla ricerca, quella vera, quella importante per poi capire che la migliore soluzione è qualla di andare via, di andare in un paese dove forse le sue capacità e la sua testa sono veramente utili e apprezzate.
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Io vivo nel mondo universitario italiano, e se osservo quello che mi circonda mi scoraggio ogni giorno di più. Chi è precario all'università rimarra tale, non ci sono possibilità, non ci sono fondi, non ci sono volontà di cambiare o di modificare uno status assolutamente cristallizzato. A noi che lavoriamo in quella che dovrebbe essere una istituzione cardine della società ci viene chiesto sempre di più di fare i burocrati e di occuparci di tutti i tipi di incombenze. Le lezioni, la didattica, la ricerca e se vivi in un Policlinico anche l'assistenza ospedaliera. Una somma di impegni che spesso risultano essere incompatibili tra di loro.
Se io mi occupo di didattica e cerco di essere un buon docente non ho il tempo per dedicarmi anche alla ricerca che invece necessita di dedizione e che in fondo è un altro lavoro, diverso da quello di professore.
Risultato faccio male entrambi. Inoltre non ho fondi per fare ricerca. I costi per farla sono spesso altissimi e quindi inavvicinabili perchè i fondi di ricerca vengono assegnati con criteri spesso paradossali e assurdi, e magari chi presenta dei progetti di ricerca inutili solo perchè ha avuto la sorte di conoscere qualche refere che gli ha pubblicato degli articoli su riviste prestigiose ottiene molti soldi a fronte di qualcuno che magari presenta un progetto valido ma essendo uno sconosciuto ottiene cifre degne di un elemosina (si discute di cifre tra 500 e 1000 € all'anno!!!!!!????).
In definitiva io mi chiedo perchè non si possa fare come in tante nazioni del mondo dove si può operare una scelta io voglio fare il professore bene, ottengo dei finanziamenti utili alla didattica e basta (non servono grandissime cifre basta un buon PC, libri, riviste e al massimo un videoproiettore), ma se invece voglio fare ricerca, allora non mi devo occupare della didattica e mi devono essere assegnati fondi congrui per l'espletamento dei miei progetti. Insomma una semplice separazione delle carriere che gioverebbe sia a chi vuole fare bene il professore sia a chi vuole fare vera ricerca.

Commenti

  1. Produciamo forza intellettuale per le altre nazioni che poi dopo averela saputa sfruttare ci rivendono a caro prezzo i copyrights della ricerca . Anche in questo sappiamo essere masokisti . Quindi il danno diventa doppio . Prima si paga per far studiare i giovani , poi si mandano all'estero a produrre per gli altri ed infine ci ricompriamo quanto in effetti ci appartiene. W l'Italia federale .

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