Fotografia meditativa...
Palermo - Palazzo Riso - Contax S2 obiettivo Zeiss 45 mm
Tmax 100 - sviluppata in Rodinal
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Poi c'è un altro approccio alla fotografia che è quello di una ristretta cerchia di fotografi che scelgono di fare quella che oggi viene definita con un termine molto cool "fine art photography".
Man Ray Distorsion Burn Blur |
Da una parte qui da noi, dove non esiste un vero mercato della foto fine art, oggi sempre più spesso vedo immagini considerate artistiche che non riesco ad inquadrare, che non riesco ad inserire in una reale progettualità criterio fondamentale per potere perseguire un intento artistico, a mio modo di vedere, perché senza una progettualità qualunque espressione artistica rimane fine a se stessa e si autodistrugge.
L'assenza di un mercato italiano della fotografia artistica (di cui mi piacerebbe parlare magari in un altro post) è fonte di una desertificazione delle menti e di una totale omologazione dell'immagine che oramai, con poche eccezioni di altissimo livello come ad esempio Giovanni Gastel che per me e per molti è un vero poeta della fotografia, si è sclerotizzata su una serie di post produzioni più o meno spinte e una serie di utilizzi di preset di photoshop per rendere un ritratto falsamente vintage secondo i canoni dilaganti dell'advertising nostrano...
Tutto questo discorso per arrivare a cosa... probabilmente a nulla ma in realtà nasce dalle riflessioni che sono scaturite leggendo un'intervista sul numero in edicola di Foto Cult su Renato D'Agostin giovane fotografo nato a Venezia ma trapiantato a New York che ha fatto della foto fine art una professione di alto livello...
Vi sono dei concetti che mi hanno colpito di più di questa intervista e riguardano l'approccio che D'Agostin ha con l'immagine; un giovane fotografo nato nell'era digitale che invece ha sempre scattato a pellicola e continua a farlo, e continua a passare ore in camera oscura stampando le sue foto in tiratura limitata, per la nostra Italia è una specie di alieno.
Noi non siamo più abituati ad un approccio così concettuale alla fotografia, o meglio abbiamo completamente perso questa visione esclusiva, abbiamo perso la capacità di pensare che le immagini debbono essere un racconto della quotidianità e che questo racconto può nascere anche da una visione intimistica del mondo.
Personalmente capisco perfettamente quando in questa intervista leggo che "...io credo di non avere mai scattato una foto senza una musica nelle orecchie!" perché è uno dei miei modi di fotografare, camminare per il mio mondo, per la mia città con la mia colonna sonora nelle orecchie e tutto il resto non esiste... questa è una forma di meditazione...
Come vedete ci riallacciamo al discorso iniziale, già, perché avere perso la visione della fotografia concettuale, non avere un mercato per la fotografia che non sia, come dicevamo prima, "lavoro" , non ci permette più di fotografare guardando in noi stessi, osservando con attenzione quello che ci circonda, il mondo attorno a noi, con le persone, i luoghi e i loro fantasmi, le bellezze e i cancri della nostra società.
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